DORNO
Cenni storici
I primi stanziamenti umani nel territorio di Dorno risalgono all’età del bronzo (1800 – 900 a. C.), come attestano reperti archeologici rinvenuti nelle zone di Montalbano, Batterra, S. Materno e cascina S. Maria. Nell’ultima fase di tale periodo protostorico, il territorio di Dorno, analogamente ad altri centri della Lomellina, fu occupato dai Levi, una popolazione di stirpe ligure insediatasi nell’Italia settentrionale lungo il basso corso del Ticino. I Levi subirono l’influenza degli Etruschi, con cui ebbero contatti e scambi commerciali. Dal VI secolo a.C. in Lomellina si stabilirono i Celti, o Galli, provenienti dall’odierna Francia. Successivamente, ai Galli si sovrapposero i Romani, con le loro leggi, la loro lingua e la loro cultura unificante. In epoca romana Dorno fu luogo di posta per i cavalli sulla via consolare che portava alle Gallie, come risulta dall’ “Itinerarium Burdigalense” o “Hierosolomytanum” del 333 d.C., in cui è indicata la “mutatio Duriis” (nota).
In altri itinerari il sito è segnalato come “mansio”, ossia come punto di sosta e di pernottamento. Dorno corrisponde probabilmente a quel luogo che Ammiano Marcellino menziona nella sua Rerum gestarum definendolo “locum duabus columnis insignem qui Laumellum interiacet et Ticinum”. Nulla di sicuro si può dire sull’origine e sul carattere di quelle due colonne, che appaiono oggigiorno sullo stemma comunale: si potrebbe pensare a pietre miliari o a colonne che reggevano statue cultuali, specialmente di divinità protettrici dei viaggi, oppure a colonne a carattere commemorativo o funerario. Con la caduta dell’impero romano, la Lomellina fu invasa da Eruli, Goti e Longobardi, questi ultimi sconfitti dai Franchi nel 774. Con Carlo Magno si pose fine all’età delle invasioni barbariche e si diede inizio al feudalesimo. Nel secolo IX Dorno faceva parte del feudo di Lomello, di cui si hanno notizie dall’834, anno in cui Lotario I nominò conte di Lomello Manfredi di Orléans.
In un diploma del 1190 dell’imperatore Enrico IV, è citato il più antico signore di Dorno che si conosca, Roberto, della famiglia dei conti palatini di Lomello. Verso il 1266 Dorno partecipò alle lotte tra le fazioni dei Marcabotti e dei Fallabrini (nomi che indicavano rispettivamente i ghibellini e i guelfi di Pavia) insieme a Gropello e a Garlasco. In quella circostanza il castello di Dorno fu presidiato dai Marcabotti, che poi tentarono di battere i Fallabrini a Bassignana. Alcuni anni dopo il sito fu occupato dai Milanesi, che lo fortificarono, mettendolo al riparo dagli attacchi dei Pavesi con cui erano in lotta. Nel 1359 Dorno (“Durna”, a quell’epoca) resistette al tentativo di conquista di Luchino Dal Verme, fatto che lascia supporre che il borgo fosse ben protetto. Negli anni successivi, le vicende di Dorno non sono del tutto chiare: forse il borgo fu dato ai Beccaria, ma di ciò non vi è certezza. In un documento del 25 dicembre 1427, conservato nell’Archivio Visconteo di Milano, si legge il decreto col quale Filippo Maria Visconti assegnò al giureconsulto Raffaele Adorno, di origine pavese, il feudo di Dorno, che mantenne per circa vent’anni. A metà Quattrocento Francesco I Sforza si impadronì del ducato di Milano; Antonio Crivelli, che aveva ceduto allo Sforza la fortezza di Pizzighettone, ricevette in cambio i feudi di Lomello e Dorno, fino ad allora incorporati nel comitato di Pavia. Nel 1499 Luigi XII, re di Francia, si impossessò del ducato di Milano e le proprietà dei Crivelli furono assegnate per un certo tempo ai cortigiani del re.
Nel 1525, Carlo V, re di Spagna, sconfisse Francesco I, re di Francia, nella battaglia di Pavia; iniziò così il dominio spagnolo nel ducato di Milano. Si aprì un’epoca tra le più infelici della storia lombarda e le condizioni di vita anche a Dorno diventarono difficili. La tassazione della quasi totalità dei generi di consumo causò il collasso del sistema economico.
Sono documentate, al riguardo, alcune suppliche della comunità dornese per ottenere dilazioni nel pagamento dei tributi. Il 7 settembre 1706, in seguito alla vittoria del principe Eugenio nella battaglia di Torino, cessò il dominio spagnolo e si impose quello austriaco fino al 1713, anno in cui, con il trattato di Utrecht, l’Austria consegnò la Lomellina ai Savoia. Ne seguì un periodo di pace e prosperità, contrassegnato dalla costruzione di opere pubbliche e dall’apertura di un cotonificio. Nel 1796 Napoleone Bonaparte scese in Italia portando le idee della Rivoluzione francese, ma l’entusiasmo della popolazione locale restò limitato perché le truppe francesi avevano depredato la zona. Nel maggio 1799, mentre Napoleone era impegnato in Egitto, l’esercito austro – ungarico si insediò in Lomellina; anche fu questo un periodo di crisi: le truppe russe commisero molti furti; ci fu una moria di persone a causa della pellagra, a cui si aggiunse la grande siccità dell’anno seguente e la mortalità del bestiame. L’occupazione austro – ungarica terminò con la vittoria di Napoleone a Marengo il 14 giugno 1800 e Dorno fu incorporata nella Repubblica Cisalpina. In seguito alla caduta di Napoleone, Dorno ritornò a far parte del Regno Sardo-Piemontese, nella Provincia di Lomellina, con capoluogo Mortara. Dopo l’unificazione dell’Italia, le scuole di Dorno furono ampliate e un rapporto del 1870 riferisce che vi erano 109 alunni. Nel 1877 fu fondata la società del mutuo soccorso tra i lavoratori cattolici, una delle prime associazioni di quel genere in Lomellina. Nel 1905 fu inaugurata la casa di riposo S. Giuseppe e nel 1913 fu costruito l’asilo infantile. Negli anni Venti del Novecento furono sostituiti i vecchi mezzi di trasporto passeggeri, trainati da cavalli, con autocorriere per Pavia e Vigevano. Nel 1944, una di queste vetture fu mitragliata tra Dorno e Garlasco, da parte di aerei nemici, causando alcuni morti e vari feriti. L’anno successivo un altro mitragliamento provocò la morte del patriota dornese Riccardo Rossi. Nel secondo dopoguerra, la fuga dalle campagne ha determinato una forte diminuzione della popolazione, tanto che il numero degli abitanti di Dorno è sceso a meno di 4000. Il calo demografico ha cominciato ad arrestarsi attorno al 1955, grazie a una politica economica che ha favorito l’insediamento di alcune industrie nel territorio. Attualmente il paese conta circa 4600 abitanti.
Piazza G. Bonacossa
L’assetto attuale di Piazza Bonacossa risale agli inizi del Novecento, quando i due palazzi porticati che delimitano un lato della piazza furono costruiti nell’area antistante la chiesa parrocchiale, dopo la demolizione di alcune case e l’abbattimento di vecchie robinie. Progettista fu l’architetto D. Brioschi di Milano, che, su commissione dei conti Bonacossa, progettò anche l’asilo Infantile, la casa di riposo e la facciata del nuovo cimitero. Nel palazzo a nord sono stati allestiti gli uffici comunali, decorati con opere dell’artista dornese B. Canevari (1864-1925). Tra i due palazzi vi è uno slargo che conduce al sagrato della parrocchiale.
La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in Cielo
La parrocchia di Dorno, che fa parte, al presente, della diocesi di Vigevano, è una delle più antiche della Lomellina. La primitiva chiesa parrocchiale, documentata dal 1187, era di stile romanico, a tre navate, con pilastri possenti. Essa sorgeva sull’area occupata dalla chiesa attuale ed era adiacente al castello (oggi non più esistente) e al vecchio cimitero (anche questo non più esistente e sostituito, nel 1810, dal nuovo cimitero situato in periferia, verso Alagna). Nei lavori di rifacimento del XVI secolo, una torre del castello fu trasformata in campanile.
Nel Seicento ci furono altri lavori di sistemazione e a metà Ottocento la vecchia chiesa, ormai piccola rispetto al numero degli abitanti, fu demolita e ricostruita. L’edificio attuale, consacrato nel 1889, ha la pianta a croce latina, una cupola grandiosa e undici altari laterali oltre all’altare maggiore, di stile barocco, decorato con marmi pregiati. La chiesa contiene opere dell’artista dornese Biagio Canevari, a cui si devono le decorazioni delle campate con gli altari di S. Giuseppe, di S. Francesco, della Madonna del Rosario e della Natività, nonché la lunetta sopra il monumento al prevosto L. Galassi, raffigurante S. Carlo Borromeo tra gli appestati. Nella chiesa ci anche sono dipinti del Varazzi, del Garberini e del Mazzucchi. Nell’altare della Madonna del Rosario vi è una pala di ottima fattura: la “Mater Amabilis”, capolavoro di Roberto Fontana. Sono degne di nota anche le sculture del Ravasco e le vetrate del coro. Un reperto prezioso della chiesa precedente è la base del fonte battesimale, formata da un cippo marmoreo lavorato a fogliami di acanto, databile all’età augustea (44 a.C. – 14 d.C.) o flavia (69 – 96 d.C.). Un tempo, la chiesa parrocchiale era dedicata a S. Bartolomeo apostolo, raffigurato insieme a S. Materno nell’affresco dell’abside. Nel 1950, alla chiusura dell’anno giubilare di fede, papa Pio XII ha proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria e la chiesa è stata intitolata a Maria Assunta in Cielo.
La chiesa dei Santi Rocco e Bernardino
La chiesa intitolata ai Santi Rocco e Bernardino fu innalzata per voto popolare, in tempo di peste, nel XVI secolo. Essa divideva in due parti l’antica “Piazza Grande”, che si estendeva davanti al castello nel punto più elevato del paese. La chiesa risulta costruita in tre tempi diversi. La facciata verso la via Marconi è stata rifatta nel 1930. Anche il campanile è il risultato di una ricostruzione recente. Internamente l’edificio è diviso in due parti dall’altare maggiore: una parte è riservata ai fedeli, mentre l’altra, retrostante il presbiterio, è occupata dal coro. Nella piccola navata di destra vi è l’altare della Beata Vergine Maria e a sinistra della navata centrale vi è l’altare di S. Giuseppe. Nelle nicchie a muro, a fianco dell’altare maggiore, sono collocate le statue dei due Santi compatroni.
Gli affreschi del coro, ad opera dell’artista Biagio Canevari, rappresentano “Il miracolo di Torino” e “Il martirio di S. Sebastiano”; l’affresco dell’abside, che raffigura “L’ultima cena”, è opera del pittore Francesco Moruzzi di Tromello (1828 – 1916).
Il santuario della Madonna del Boschetto
Si tratta di un oratorio campestre costruito intorno alla metà del XVII in prossimità della cascina Boschetto, lungo la strada per Alagna, su un terreno che apparteneva ai Conti Crivelli. All’interno della chiesa spicca l’altare maggiore, costituito da marmi finissimi di colore rosato. L’altare racchiude un dipinto raffigurante la Madonna in trono con il Bambino Gesù, realizzato da Biagio Canevari. Di fianco all’altare maggiore vi è la cappella della Madonna del Rosario, ricavata nell’antica sacrestia. Gli altari laterali sono dedicati a S. Anna, all’Annunciazione, allo Sposalizio della Vergine e alla Visitazione.
Due sono le storie di “miracoli” che si narrano a proposito del santuario. Una riguarda un nobile genovese, addolorato per la fuga dalla casa paterna di uno dei suoi figli; giunto a Dorno, l’uomo avrebbe trovato il giovane che dormiva sotto il portichetto della chiesa; per ringraziare la Madonna, a cui aveva chiesto aiuto, il nobile avrebbe procurato il denaro occorrente a erigere l’altare maggiore che ammiriamo ancora oggi. Secondo un’altra pia tradizione, la Madonna del Boschetto avrebbe dato il dono della parola ad una fanciulla muta.
La chiesa di San Materno Vescovo
Questa chiesetta campestre sorge in una zona detta appunto “San Materno”, a sud-est di Dorno. La chiesa originaria era molto antica e nel 1964 è stata abbattuta perché pericolante. Nel 1996 è iniziato il rifacimento dell’edificio, con il recupero di alcune parti dell’originale fondazione. Su tutto il perimetro è stata creata una fascia orizzontale di vetro trasparente, che funge da separazione tra l’antica e la nuova muratura. L’altare è stato realizzato con una lastra di sasso sorretta da due elementi ricavati da un manufatto idraulico utilizzato nei fossi per deviare l’acqua nei campi.
Il suo significato è immediato se si pensa che un tempo i contadini usavano rivolgersi a S. Materno quale protettore dei raccolti o quale propiziatore di pioggia nei periodi di siccità. Il pavimento attuale è costituito da pianelle in cotto recuperate da demolizioni di vecchie case del paese, mentre le pianelle davanti all’altare costituiscono tutto ciò che si è potuto recuperare dal rivestimento originario. La chiesetta sorge ai lati di una strada romana di secondaria importanza che si diramava dalla strada consolare delle Gallie e che, oltrepassando il Po a Cascinotto, si inoltrava nel Vogherese per raggiungere l’Appennino e i valichi che portavano al Mar Ligure. Nella primavera del 1973, nella zona di San Materno è stata rinvenuta una necropoli di epoca romana con ornamenti di letti funebri, appliques con profili umani e zoomorfi, ceramiche, vasi, lacrimatoi, coppe, reperti vitrei e monete. Dal fatto che a San Materno c’era un insediamento romano è nata la leggenda secondo cui la chiesetta è stata costruita dove una volta era Dorno; la leggenda riferisce inoltre che l’abitato è stato distrutto dall’Imperatore Federico Barbarossa nel XII secolo
Il percorso vita
Lungo la strada provinciale Dorno-Alagna, subito dopo il ponte sul Terdoppio, inizia un percorso naturalistico che interseca la via delle Gallie. Esso offre al visitatore l’occasione per effettuare escursioni nella campagna lungo il torrente e per conoscere un tratto della strada romana che ha reso Dorno tanto importante nell’antichità.
Eventi
Sant’Anna – La Sagra di Sant’Anna, che fa parte di una tradizione secolare, si svolge l’ultima settimana di luglio (la festa liturgica cade il 26 luglio), grazie alla collaborazione delle associazioni locali e con il contributo del Comune di Dorno e dei commercianti dornesi. Il programma solitamente prevede serate musicali, stand gastronomici, eventi culturali vari e giochi per i bambini. La comunità parrocchiale effettua ogni anno celebrazioni e momenti di preghiera in onore della Santa.
Il “dì dla festa” e la “Sagra della zucca Bertagnina di Dorno” – La festa del paese cade la seconda domenica di ottobre ed è dedicata al patrono San Bartolomeo Apostolo e martire. Da alcuni anni la festa coincide con la “Sagra della zucca Bertagnina di Dorno”, che ha per protagonista un’eccellenza agricola del territorio. La riscoperta e la valorizzazione della Zucca Bertagnina è avvenuta grazie alla Pro Loco Dorno, che dal 2004 si è impegnata nella promozione di questo prodotto tipico, ingrediente principe di molte ricette gastronomiche. Durante la Sagra è possibile acquistare la zucca fresca o trasformata, nonché gustare svariate pietanze a base della Bertagnina presso i ristoranti locali e gli stand gastronomici allestiti per l’occasione. Per informazioni aggiornate e dettagliate si rimanda al sito della Pro Loco di Dorno (il collegamento alla pagina è disponibile nella sezione “Link e Contatti”).
Bibliografia
Elenco dei testi e/o siti internet di riferimento:
- R. Bergamo, Storia dei Comuni, frazioni e parrocchie della Lomellina, Pavia, EMI, 1995.
- D. Laboranti, Dorno. Appunti storici, Comune di Dorno Biblioteca Comunale 2° Ediz, 2001.
- Sito Internet della Parrocchia di Dorno.